Emergenze spirituali e crisi di trasformazione
di Mario Lorenzetti

Le culture tradizionali hanno spesso accompagnato le crisi spontanee di trasformazione, come metodo di conoscenza e guarigione, quando non le hanno appositamente innescate con tecniche specifiche di transe, ricerca della visione e così via.
Nella nostra cultura, lo psichiatra Stanislav Grof le rivaluta in disaccordo con quella psichiatria che non le distingue dalle psicosi, le tratta come malattia, ne sopprime i sintomi, bloccandone il processo positivo di trasformazione e le sospinge nel recinto della patologia. Queste invece potrebbero avere altri sviluppi, se adeguatamente accompagnate.
Grof, che è stato mio insegnante, esemplificava: “Vi fidereste del meccanico che, se si accende la spia rossa dell’auto, vi risolve il problema svitandola?”

Cos’è un’emergenza spirituale

Nella visione di Grof, l’emergere di un sintomo psicosomatico è un tentativo di autoguarigione, e per distinguere questi processi, a volte intensi, dalle psicosi, Grof ha coniato il termine emergenza spirituale. Questo termine gioca con il doppio significato della parola emergenza, che indica nello stesso tempo il manifestarsi, l’emergere di qualcosa e il pericolo a questo connesso. Rappresenta quegli stati spontanei, che possono essere causati da esperienze di vario tipo, esistenziali, psichedeliche, ecc. in cui elementi dell’inconscio hanno modo di accedere alla coscienza e «chiedono» di essere integrati.
Grof scrive: “Se adeguatamente comprese e trattate come stadi difficili di un processo evolutivo naturale, le emergenze spirituali possono condurre a una guarigione emotiva e psicosomatica, produrre profondi e positivi cambiamenti nella personalità e risolvere molti problemi esistenziali”. (Grof 1995).
Grof classifica, in base alla gradualità o intensità del processo, due tipologie di emergenza spirituale: quando si riesce comunque a gestire la propria vita e quando invece l’emergenza è troppo irruenta e difficile rispetto al quotidiano. Esiste una connessione tra emergenza spirituale, soprattutto quando è graduale, e l’esperienza interiore di Respirazione Olotropica, ma in questa circostanza il processo viene gestito. Invece nei casi più intensi di emergenza, è, a volte incontrollato. Richiede tempi più lunghi e ha bisogno di essere accompagnato. Un aiuto che può essere anche articolato nelle ventiquattro ore e che preveda, nei casi più difficili, un luogo o un centro idoneo. Un atteggiamento di chi accompagna analogo a quello che si ha durante i seminari di Respirazione Olotropica, di fiducia e sostegno nel processo, che ne rispetti i tempi, ne favorisca la piena espressione, il completo scarico emozionale e dei blocchi corporei che si manifestano.
Analogamente a ciò che si può sperimentare in Respirazione Olotropica, le emergenze spirituali comprendono temi biografici, perinatali e transpersonali.
Per Grof inoltre molti casi di dipendenza possono essere una forma di emergenza spirituale, una tensione distorta, non riconosciuta, che viene spesso oscurata dalla natura distruttiva ed autodistruttiva del disturbo.

Le emergenze spirituali nella psicologia occidentale

Grof non è il primo a parlare di emergenze spirituali, ci sono degli importanti antecedenti.
Così scriveva Platone nel Fedro: “Ci sono due forme di follia: una che nasce da malattia umana, un’altra che deriva da un divino mutamento delle abitudini consuete”.
La storia della crisi di mezz’età di Jung è un illustre esempio di emergenza spirituale in Occidente. Lo psichiatra Jung ha rischiato il ricovero in quel significativo processo interiore di morte e rinascita dalle sue ferite psicologiche, come racconta C. Michael Smith, in Jung e lo sciamanesimo, ma è stato sostenuto dalle sue relazioni affettive e ha potuto completare il processo, risalire la china con un paradigma più ampio della psiche umana
Michael Smith scrive: “Jung arrivò a credere che ai livelli più profondi dell’anima non ci fossero differenze fondamentali tra sani e folli”. /C. Michael Smith, in Jung e lo sciamanesimo, ed Amrita, p. 91)
Continuatore di questa visione, spesso citato da Grof, fu: lo psichiatra John Weir Perry (1914-1998) incontrò Jung in Svizzera, fu incuriosito dall’affermazione di Jung che la schizofrenia fosse un processo di guarigione naturale. Durante gli anni ’70 a Berkeley, fondò una struttura residenziale chiamata Diabasis, per giovani adulti che stavano vivendo la loro prima “crisi schizofrenica acuta”. A Diabasis, come ha detto Perry, questi “schizofrenici” sono stati in grado di emergere “al di là della follia”, senza trattamento con farmaci, elettroshock o porte chiuse a chiave. Il suo saggio: La dimensione nascosta della follia fu pubblicato per la prima volta nel 1974, la profonda intuizione di Perry sulla natura della cosiddetta “schizofrenia” aprì la strada a un approccio radicalmente nuovo e più compassionevole a questa condizione.
Un libro interessante che Grof consigliava: L’esperienza della Kundalini di Lee Sannella. In questo testo l’autore esamina una tipologia di emergenza spirituale, la kundalini, intesa come processo transculturale, interessante la similitudine riscontrabile con molte esperienze olotropiche.
Un altro approccio è quello di C. Michael Smith, psicoterapeuta junghiano e sciamano di tradizione Cherokee. Michael Smith, con cui ho avuto la fortuna di collaborare, ha prodotto una sintesi tra la visione di Grof, quella junghiana e quella sciamanica anche rispetto alle emergenze spirituali e ha elaborando un suo metodo esperienziale di breathwork.

Che fare?

Il fatto di portare “il non ordinario” nella nostra cultura e società, ha un valore che sfortunatamente è ancora ben lontano da essere attuato. Quando riusciremo a realizzare centri di cura o reti, in cui si possa accompagnare l’evoluzione del processo senza sopprimerlo, come una crisi o un momento di trasformazione e passaggio, come avviene in altre culture?
Per fare questo sono necessari psichiatri (e non solo) di mente aperta, che condividano questa impostazione, siano interessati ad ipotesi di questo tipo e ad entrare in rete e in collaborazione. Spesso inoltre, chi ha completato un percorso intensivo o formativo di Respirazione Olotropica, ha vissuto, gestito e integrato, in piccolo, un’emergenza spirituale e può possedere requisiti esperienziali idonei ad accompagnare processi di questo tipo.

Bibliografia:
S. e C. Grof: La tempestosa ricerca di se stessi, red, 1995
Lee Sannella, L’esperienza della Kundalini, Urrà, 1999
John Weir Perry, La dimensione nascosta della follia, Liguori, 1980
John Weir Perry, Le radici del rinnovamento nel mito e nella malattia mentale, Liguori, 1987
C. Michael Smith, Jung e lo sciamanesimo, Amrita, 2016