Riporto l’intervista fattami qualche anno fa dalla Redazione di Macro Edizioni

Chi è l’intervistato?
Mario Lorenzetti:
sono ricercatore e studioso, da oltre quarant’anni, degli stati non ordinari di coscienza per la crescita personale, la ricerca interiore e l’autoguarigione.
Mi sono formato e certificato come facilitatore in Respirazione Olotropica e psicologia transpersonale più di vent’anni fa con Stanislav Grof che è stato mio insegnate diretto. Conduco seminari di Respirazione Olotropica in Italia, Francia e Svizzera.
Sono counselor iscritto al registro italiano dei counselor di AssoCounseling.
Ho conseguito un master relazionale su conflitti, gruppi e comunicazione presso la scuola Gestalt di Torino.
Studio le modalità sciamaniche di accesso alle dimensioni non ordinarie, conoscitive e di guarigione di alcuni popoli nativi (counseling sciamanico, etnocounseling). Mi occupo delle connessioni tra sciamanismo e respirazione olotropica, dei rituali che utilizzano gli stati non ordinari di coscienza, considero queste esperienze delle grandi opportunità e dei potenziali di guarigione e conoscenza interiore. Faccio parte dell’associazione per la diffusione dell’ecopsicologia “Inventare il Mondo” dal suo inizio, nel 2004, e sono cofondatore della Società Europea di Ecopsicologia. Mi occupo delle connessioni tra sciamanismo, respirazione olotropica ed ecopsicologia, considero l’esperienza dell’inconscio ecologico come fondamentale per il superamento del paradigma antropocentrico.
Ho seguito un percorso personale in sciamanismo presso:

  1.  la Foundation for Shamanic Studies con Ulla Straessle (Svizzera) e Nello Ceccon (Italia)
  2.  certificazione in Counseling sciamanico presso il Crows Nest Center for Shamanic Studies con Mikkal Smith, (U.S.).
  3.  Ho lavorato inoltre con Francisco Montes (Perù), Ricardo Tsakimp (Shuar, Equador), Bhola Banstola (Nepal), Adriano Pittin (Lakota), Rodolfo Brun (Navajo), Irene Zumsteg, (Svizzera).

Ho seguito un lungo percorso di meditazione zen.
Ho collaborato con varie riviste italiane e svizzere con pubblicazioni riguardanti crescita personale e stati di coscienza.
La mia pagina web:
https://mariolorenzetti.org

1 Una definizione di “respirazione olotropica” per i non addetti ai lavori?

Dal greco holos, trepein: procedere verso l’interezza, è un potente metodo di autoconoscenza, guarigione psicosomatica e crescita personale elaborato da Stanislav Grof, psichiatra praghese che dagli anni ‘60 risiede negli Stati Uniti, uno dei massimi studiosi degli stati non ordinari di coscienza, del loro utilizzo in campo terapeutico e cofondatore (con A. Maslow e A.Sutich) della Psicologia Transpersonale.
La Respirazione Olotropica è una tecnica psico-corporea, non verbale, permette di esplorare aspetti della psiche e del corpo abitualmente non accessibili e di vivere esperienze profondamente trasformatrici e liberatrici a livello fisico, emozionale e spirituale.
L’esplorazione consapevole dei livelli profondi, della psiche in modo guidato e protetto è un fatto significativo di autoconoscenza e di crescita personale, che per i vissuti traumatici può diventare un momento di autoguarigione e trasformazione interiore.
La Respirazione Olotropica integra scoperte provenienti dalla moderna ricerca sulla coscienza, dall’antropologia, da diverse psicologie del profondo, dalla Psicologia Transpersonale e da pratiche spirituali. Grof, distingue molteplici dimensioni dell’inconscio: personale-biografica, perinatale, (collegata alle esperienze della nascita), e transpersonale, che trascende i confini dell’io e le dimensioni di spazio tridimensionale e di tempo lineare.

2 Come si svolge una sessione di respirazione olotropica?

La Respirazione Olotropica è un metodo non direttivo, non giudicante, empatico, combina, in un particolare contesto esperienziale protetto, respirazione profonda e veloce con musica evocativa che sostiene l’esperienza.
Benché siano possibili sessioni individuali, si svolge solitamente in gruppo. Ci si distende a terra e si è invitati a chiudere o bendare gli occhi, a rilassarsi e a concentrarsi sul respiro, a renderlo via via più veloce e profondo e a conservare questo ritmo per favorire l’ingresso in uno stato non ordinario di coscienza. La musica sostiene ed intensifica l’esperienza; può essere etnica, spesso collegata a rituali di induzione di stati non ordinari di coscienza, vocale, o collegata a riti spirituali. In questa condizione è possibile l’accesso a livelli profondi della psiche ed attivare il naturale processo di guarigione dell’individuo. La qualità e i contenuti portati alla luce sono unici per ogni persona e per quel particolare tempo e luogo.
Durante la respirazione si lavora a coppie, con ruoli complementari: breather (respirante) e sitter, in seguito si scambiano i ruoli, chi ha assistito “respirerà” a sua volta.
Mentre sono comuni alcuni temi ricorrenti, due sessioni non sono mai uguali. Nei momenti di ingresso negli stati non ordinari di coscienza e di esplorazione di parti di sè sconosciute è utile una musica più drammatica o più ritmata, mentre alla fine della seduta una più calma e tranquilla.
Durante la respirazione, in alcuni, si potrà osservare lo sviluppo di tensioni in varie parti del corpo, collegate ad esperienze traumatiche, della nascita o ad esperienze transpersonali. In questo caso è possibile accentuare il sintomo e agire dall’esterno per dissolverlo (body work). Il sintomo e la sua manifestazione in ambiente protetto sono qui visti come un’espressione del processo di guarigione e non della malattia.
Elementi addizionali del processo includono la liberazione dell’energia emersa durante la sessione: l’espressione delle emozioni, il disegno (mandala) e la condivisione dell’esperienza.
Alla fine della sessione, che dura due o più ore, i partecipanti sono invitati a rappresentare con il disegno l’esperienza vissuta. Questo disegno (mandala) viene mostrato durante il momento finale di condivisione. Chi continuerà a fare Respirazione Olotropica conserverà i mandala come tappe del proprio processo interiore. I «territori» esplorati saranno comunque ricchi di insegnamenti e il viaggio intrapreso potrà essere un autentico viaggio iniziatico, una vera apertura verso se stessi e il mondo. Questo permette di risvegliare due bisogni fondamentali che giustificano l’esistenza umana: l’apertura della coscienza e l’apertura del cuore.

3 Come queste pratiche si rapportano alla parola “stress”?

Il lavoro olotropico connette alla sorgente profonda di noi stessi, permette di integrare parti di noi non risolte e che giacciono nell’oblio, rafforza quindi la nostra identità e questo è di aiuto sia nelle situazioni ordinarie della vita, sia in quelle più difficili. Inoltre sciogliere blocchi energetici connessi con la propria nascita e a problematiche irrisolte nella propria storia personale biografica o alla dimensione transpersonale significa anche prevenire o curare lo stress.
Questo tipo di esperienze permette anche di acquisire una visione “esperienziale filosofica” più ampia dell’ordinario che connette psiche e spiritualità in un unico continuum. Anche il supporto di una visione filosofica profonda è di grande aiuto nell’affrontare la vita e quindi lo stress. Nella visione transpersonale come in quella junghiana, sperimentare dimensioni profonde e spirituali è non solo guarigione, ma anche “cambiamento di paradigma”. Un’intima esperienza mistica o connettersi a esperienze archetipali, a sequenze mitologiche dell’inconscio collettivo o filogenetiche, hanno un grande valore di guarigione e benessere e ciò è direttamente connesso al gestire strategicamente lo stress. Vedere e soprattutto essere nella realtà in altro modo è un insegnamento nell’affrontare positivamente la vita.

4 Non è rischioso “interrompere” i blocchi energetici di un individuo? E se questa persona non ha gli strumenti per gestire la sua improvvisa “evoluzione” quali sono i rischi?

Questa domanda è come se presupponesse un interruttore da azionare, che disattivi improvvisamente un “meccanismo” di difesa facendo crollare un equilibrio preesistente. Nella realtà di questo metodo, è un processo più complesso, che avviene in ambiente protetto. Intanto è un metodo non direttivo: non si tratta di “interrompere dall’esterno” in modo improvviso i blocchi energetici di una persona, ma di creare le premesse perchè sia la persona stessa ad attivarsi nello scioglierli gradualmente, in quel naturale processo di autoguarigione, presente in tutti gli esseri umani, che in società e culture antiche e “primitive”, Europa compresa, era ben conosciuto. Grof parla del Guaritore Interiore. Nella visione olotropica, il processo di guarigione ha una sua saggezza intrinseca, come ritrovare il proprio filo di Arianna e permettergli di sciogliere i nostri blocchi. Questo è un processo che richiede il giusto tempo, rispetta le resistenze e ha una sua logica interiore.
Come in omeopatia la manifestazione del sintomo è vista come parte del processo di guarigione, così in olotropica accogliamo senza giudizio ciò che emerge dal profondo e sale in superficie e consideriamo, anche quelle emozioni che possono essere più difficili da accettare, come parte di questo processo di auto-guarigione.

5 Cosa si intende invece per “psicologia transpersonale”?

La psicologia transpersonale, detta anche quarta forza, dopo la psicoanalisi freudiana, il comportamentismo e la psicologia umanistica, nasce negli anni ’60 ad opera di Abraham Maslow, Anthony Sutich, James Fadiman e Stanislav Grof. Essa si occupa di sperimentare stati di coscienza non ordinari e mistici, oltre quelli considerati normali per l’io e la persona, ampliando il campo di ricerca tradizionale della psicologia, della psichiatria e della psicoterapia, percorso che era già stato iniziato dai precursori Carl Gustav Jung e Roberto Assagioli.
Di questa corrente di pensiero fanno parte nomi significativi come ad esempio: Charles Tart, Ralph Metzner, Roger Walsh e Ken Wilber per citarne alcuni. Essa si pone inoltre come interlocutore, in ambito psicologico, degli altri campi di ricerca scientifica che operano nel superamento del paradigma newtoniano-cartesiano, iniziatosi nei primi decenni del novecento con la fisica dei quanti e la teoria della relatività, collegandosi alla ricerca rappresentata ad esempio da David Bohm, Karl Pribram, Fritjof Capra, Gregory Bateson, Joseph Campbell e Michael Harner.

6 Somiglianze e differenze con la tecnica americana del Rebirthing

Sono due “storie” diverse. Il rebirthing nasce dal lavoro di Leonard Orr. Poi di rebirthing non si può parlare al singolare perchè si sono sviluppate varie scuole con differenze significative nella tecnica. Esistono comunque vari metodi che lavorano con il corpo: la bioenergetica, la terapia reichiana, il primal therapy, il lomi bodywork e così via, e alcuni di questi, come il primal, usano il respiro.
La respirazione olotropica deriva da una ricerca scientifica e psichiatrica, quella di Grof, relativa al potenziale di guarigione degli stati non ordinari di coscienza e della psicoterapia LSD e l’accompagnamento dei malati terminali di cancro, Praga, Baltimora, e poi Esalen, quest’ultima per ciò che riguarda la Respirazione Olotropica.
La Respirazione Olotropica è strettamente connessa alla psicologia del profondo, alla ricerca scientifica e psichiatrica di Grof sulla coscienza, alla filosofia perenne che è quel nucleo conoscitivo presente nelle tradizioni spiritali e mistiche di diverse tradizioni e latitudini, lo sciamanismo e le culture native.
La bibliografia di Grof sull’argomento è amplissima.

7 Rispetto alla psicologia transpersonale junghiana, quali sono le innovazioni “moderne”?

Ci sono molti punti di contatto e anche diverse differenze. Io personalmente amo molto la teoria di Jung e la sento molto vicina, nello spirito, alla teoria di Grof, ma questo è molto personale e fa parte forse più del mio sentire. Tra Jung e Grof ci sono molte analogie nella visione della crescita personale come processo profondo di trasformazione e di guarigione. Grof in senso ampio è, per certi versi, un continuatore del lavoro di Jung. Il processo di individuazione junghiano ha similitudini con il processo olotropico. Inoltre il concetto di Emergenza Spirituale come crisi di trasformazione e la sua distinzione dalla psicosi è comune a Grof e ad alcuni junghiani del calibro di John Perry. Anche nel Libro Rosso di Jung ci sono analogie evidenti, i disegni di Jung ricordano i ‘mandala’ olotropici. Ma il lavoro junghiano è individuale, verbale, passa attraverso la logica analitica, le associazioni libere, l’arte e le arti visive e soprattutto il sogno. Mentre invece il lavoro olotropico è un lavoro corporeo prevalentemente fatto in gruppo ed è verbale solo per una parte integrativa dell’esperienza. Un’altra significativa differenza è la connessione al perinatale, al trauma della nascita, che è importante in olotropica. Mentre sulla dimensione transpersonale ci sono parecchie analogie.
Jung, parte dall’osservazione empirica di personalità multiple, deliri di pazienti psicotici, simboli mitologici e religiosi e soprattutto sogni; e si rende conto che questi effetti sono tutte manifestazioni di un inconscio (che egli definirà collettivo) molto più profondo di quello teorizzato da Freud… Se il concetto di libido per Freud si ferma al livello corporeo (bio-fisico, essenzialmente sessuale) ed investe solo l’inconscio personale; per Jung la libido sale ad un livello superiore, prettamente animico, essendo essenzialmente energia psichica con valenza simbolica non più riconducibile alle produzioni psichiche del singolo individuo, proprio per questo Jung stesso è costretto a coniare il concetto d’inconscio collettivo.
A mio avviso Grof va oltre questa dimensione (sebbene collettiva) dell’anima: gli ultimi livelli esperenziali della psicologia transpersonale raggiungono una vera e propria esperienza spirituale di unione con la totalità dell’universo. E’ questo il livello supremo dell’essere, riconducibile alla consapevolezza ultima dell’Atman di wilberiana memoria (induismo vedanta, buddismo mahayana, ecc.)…
Concludo con queste parole di Grof che ben fanno intuire il concetto che stavo cercando di spiegare poco sopra:
Nelle forme estreme la coscienza individuale sembra abbracciare la totalità dell’esistenza e identificarsi con la mente universale. L’ultima di tutte le esperienze appare il Vuoto, il misterioso vuoto primordiale, il nulla che contiene ogni esistenza in forma primordiale. (Grof Halifax, L’incontro con la morte, Siad, 1978, p. 70)

8 Cos’è allora un’emergenza spirituale?

Coerentemente al principio che il sintomo è spesso un tentativo di autoguarigione, e per distinguere questi processi, a volte intensi, dalle psicosi, in disaccordo con la psichiatria convenzionale, che classifica spesso come psicotiche anche le esperienze mistiche, lo psichiatra Grof ha coniato il termine Emergenza Spirituale. Questo termine gioca con il doppio significato della parola emergenza, che indica nello stesso tempo crisi ed opportunità/manifestazione. Rappresenta quegli stati spontanei, in cui la coscienza può accedere a materiale inconscio, attraverso i quali si generano esperienze con un grande potenziale di autoguarigione. A differenza della nostra, altre culture hanno apprezzato le crisi di trasformazione e le hanno ampiamente utilizzate.
“Se adeguatamente comprese e trattate come stadi difficili di un processo evolutivo naturale, le emergenze spirituali possono condurre a una guarigione emotiva e psicosomatica, produrre profondi e positivi cambiamenti nella personalità e risolvere molti problemi esistenziali”. (Grof 1995).
Molte crisi, che chiamiano emergenze spirituali, possono essere spinte nel recinto delle psicopatologie, ma, potrebbero avere altri sviluppi, se adeguatamente accompagnate.
Analogamente a ciò che si può sperimentare nelle esperienze di Respirazione Olotropica, le emergenze spirituali comprendono temi biografici, perinatali o transpersonali. Ma mentre in un’esperienza di Respirazione Olotropica il processo viene gestito, nei casi più intensi di emergenza spirituale è, a volte, incontrollato. Necessita di un accompagnamento, analogo a quello che si pratica durante i seminari di Respirazione Olotropica: di fiducia e sostegno nel processo, che favorisca la piena espressione del sintomo e il completo scarico emozionale e dei blocchi corporei che si manifestano. Il tipo di sostegno in questi casi richiede tempi più lunghi e di un luogo o di un centro idoneo. Un aiuto, che può essere, anche articolato nelle ventiquattro ore e che sostituisca l’ospedalizzazione.

Per Grof inoltre molti casi di dipendenza possono corrispondere ad una emergenza spirituale distorta e non riconosciuta, che viene oscurata dalla natura distruttiva ed autodistruttiva del disturbo.
Quando riusciremo a realizzare centri di cura per le emergenze spirituali, in cui si possa accompagnare l’evoluzione del processo senza sopprimerlo, come una crisi o un momento di trasformazione e passaggio, come avviene in altre culture?
Per fare questo sono necessari psichiatri (e non solo) di mente aperta, che condividano questa impostazione, siano interessati ad ipotesi e a percorsi di questo tipo e ad entrare in rete e in collaborazione.

9  A che punto è la ricerca nell’ambito dell’utilizzo delle sostanze psichedeliche in questo settore? Ci fa un excursus su passato, presente e… perché no, sul futuro che lei intravede?

Le piante psicoattive enteogeni/psichedelici sono usate dall’umanità da tempi immemorabili. Il soma vedico, l’haoma iranico, i riti di Eleusi e i culti con piante sacre nelle civiltà precolombiane sono esempi documentati. Le piante di potere sono state e vengono tuttora usate per esplorare dimensioni interiori, per conoscere e guarire.
In Occidente la scoperta da parte di Albert Hoffmann dell’LSD e il suo utilizzo in campo scientifico e psichiatrico hanno rappresentato negli anni ’50 e ’60 del 1900 un’accelerazione della ricerca in questo settore e un momento di riflessione paradigmatica e filosofica, con un’importanza che non è ancora integrata nella psicologia e nella psichiatria ufficiale. Purtroppo l’utilizzo non protetto delle sostanza psicoattive è stato pretesto per chiudere istericamente la ricerca nel settore scientifico, mentre proprio l’utilizzo non protetto e di strada delle sostanze psicoattive è continuato!
Al momento attuale alcuni spiragli di ricerca scientifica sembrano riaprirsi a livello internazionale in alcuni paesi più liberali. Chi vuole essere aggiornato su questa ricerca può consultare:
http://www.maps.org/research/

10 Perché sia una casalinga stressata che un manager super impegnato dovrebbero interessarsi a questa pratica? Motivi per convincerci a sperimentare questa pratica.

Senza aver la pretesa di essere una panacea, la respirazione olotropica è un metodo straordinario e profondo di trasformazione e cambiamento. Ma non c’è nessuno da convincere a sperimentare questa pratica. Come qualsiasi altra metodologia di trasformazione richiede una motivazione a intraprendere l’esperienza e questa non viene dall’esterno, ma dalla necessità interiore di cambiare qualcosa della nostra vita, qualcosa di noi stessi e/o delle nostre relazioni.
Tuttavia come tecnica, proprio per le caratteristiche che la contraddistinguono da altri metodi di crescita personale, può interessare, come illustrerò più avanti, maggiormente a categorie di persone piuttosto che ad altre. Quindi si tratta di una tecnica non direttiva, cioè che non delega il “potere” di guida ad un’altra persona. Non a caso chi ha completato la formazione definisce se stesso come «facilitatore». Il massimo esperto in questo lavoro è la persona stessa. Quindi la respirazione olotropica può interessare a persone che si sentono di fare un percorso intenso e forte, ma non direttivo e tantomeno invasivo; che preferiscono camminare con le “proprie gambe”. È inoltre una tecnica corporea, non verbale, con un ampio spettro nell’accogliere esperienze: biografiche, della nascita e transpersonali. Un’impostazione, quest’ultima, che comprensiva della dimensione spirituale, dell’inconscio collettivo junghiano, di esperienze filogenetiche, o connesse alla dimensione planetaria ed ecologica, comuni a quello che in ecopsicologia viene chiamato inconscio ecologico. La Respirazione Olotropica può interessare a chi vuole procedere velocemente facendo esperienze dirette, permettendo l’emergere di proprie emozioni e blocchi corporei. Può inoltre interessare a tutti gli entronauti, cioè coloro che semplicemente desiderano conoscere se stessi e raggiungere, in modo protetto, dimensioni interiori normalmente non accessibili. Può essere un aiuto in un periodo della vita, anche affiancato o preceduto da altri metodi per coloro che:
-intendono esplorare parti profonde o non conosciute di se stessi e migliorare la propria autostima
-sentono la necessità di sciogliere nodi problematici della loro vita o vivono periodi difficili o complicati
-lavorano in servizi rivolti alla persona come insegnanti, educatori, assistenti sociali, counselor, terapeuti, medici, psicologi, infermieri, ecc; la respirazione olotropica permette di fare esperienza profonda di empatia e rispetto del processo altrui e quindi di sé stessi
-si sentono bloccati nel loro processo–percorso psicoterapeutico o spirituale
-desiderano aumentare la loro creatività e percezione artistica
-cercano un orientamento ed una crescita sul piano psicospirituale
-intendono esplorare stati di coscienza non-ordinari con modalità guidate e protette.