Quest’articolo sulla respirazione Olotropica è stato pubblicato nel numero 19, inverno 2013 della rivista ReNudo
La Respirazione Olotropica e il potenziale di guarigione degli stati non ordinari di coscienza
di Mario Lorenzetti, facilitatore certificato in respirazione olotropica e psicologia transpersonale da Stanislav Grof al Grof Transpersonal Training
Dalle scoperte scientifiche alla loro diffusione e divulgazione in ambito conoscitivo più diffuso spesso passa del tempo, è questo il caso, della ricerca clinica, della teoria, cartografia della mente umana e dell’inconscio di Stanislav Grof. Psichiatra praghese e pioniere della ricerca sulla coscienza è oggi considerato uno dei massimi esperti mondiali della sperimentazione scientifica sugli stati non ordinari di coscienza e del loro utilizzo in campo terapeutico.
La sua ricerca inizia a Praga nella cornice politico-culturale della Cecoslovacchia materialista degli anni cinquanta. Grof, allora giovane psichiatra di formazione freudiana, si trova a condurre un progetto di ricerca clinica all’Istituto di ricerca psichiatrica di Praga, finalizzato ad esplorare il potenziale terapeutico della psicoterapia LSD e successivamente, negli anni ’60, come responsabile del Centro di Ricerca Psichiatrica del Maryland a Baltimora negli USA di un progetto di terapia psichedelica, di accompagnamento di malati terminali di cancro. Grof era convinto che tale strumento avrebbe potuto potenziare e accelerare il processo terapeutico. Ma la ricerca da lui condotta lo porterà ben al di fuori del paradigma concettuale freudiano in una avventura intellettuale, scientifica, filosofica e spirituale, che lo vide tra i protagonisti di un punto di svolta nella psicologia contemporanea e di una nuova visione della terapia. Grof paragonerà in seguito l’impatto conoscitivo ed euristico che ebbe l’LSD nella ricerca psichiatrica paragonandolo alla ricerca sulla mente, come il telescopio era stato per l’infinitamente grande e il microscopio per l’infinitamente piccolo.
Negli anni ’70 Grof inizierà ad elaborare un nuovo setting non direttivo e non farmacologico: l’Holotropic Breathwork (Respirazione Olotropica) di cui parleremo più avanti.
I regni e le dimensioni dell’inconscio umano
L’induzione di stati non ordinari, favoriva in modo particolarmente significativo l’autoesplorazione, potenziando l’introspezione e riducendo le resistenze, favorendo, l’emergere di materiale inconscio e il rilascio emotivo era seguito da un processo di guarigione. Questa modalità terapeutica permetteva l’accesso a dimensioni esperienziali della psiche piuttosto sconosciute nella psicoterapia occidentale, per nulla nuove viceversa in altre culture e nella nostra antichità, dove l’utilizzo degli stati non ordinari di coscienza e dei riti di passaggio era utilizzata a scopo conoscitivo o di guarigione. L’altra stimolante sfida concettuale che Grof incontrò fu quella di catalogare e organizzare scientificamente il materiale relativo alle esperienze transbiografiche, che emergevano da questa ricerca, in un nuovo modello che superasse i limiti precedenti di una psicologia limitata all’ego, cioè di un inconscio personale-biografico.
Credevo di creare una nuova cartografia della mente umana. Tuttavia quando completai una mappa della coscienza che includeva diversi tipi e livelli di esperienze che avevo potuto osservare nelle sedute psichedeliche, mi accorsi che essa era nuova solo dal punto di vista della psichiatria occidentale. Compresi allora di avere riscoperto quello che Aldous Huxley ebbe a chiamare ‘filosofia perenne’…Mappe simili esistevano in varie culture da secoli o addirittura da millenni. (Grof 1995)
Le quattro matrici perinatali
Un ampio settore di materiale che emergeva dalle sessioni di terapia psichedelica era relativo all’esperienza della nascita, in questo settore dell’inconscio erano registrati, esperienze positive, momenti di beatitudine estatica, elementi traumatici e serbatoi di energie irrisolte.
Le esperienze perinatali rappresentano il primo superamento delle esperienze biografiche,oltre l’io ordinario. Grof ne classifica quattro categorie generali.
La prima matrice, è quella dell’universo amniotico in cui, se la gravidanza non incontra problemi, il feto vive un’esperienza positiva di beatitudine simbiotica nel grembo materno. A questa fase sono collegate esperienze di estasi che Grof definisce oceanica, visioni di natura incontaminata, paradisi e domini celesti.
La seconda matrice, l’impossibilità di uscita, è rappresentata dall’esperienza del feto durante le contrazioni dell’utero mentre la cervice è ancora chiusa. In questa fase, che è normalmente la più dolorosa e difficile, viene interrotto il precedente equilibrio, il feto subisce una forte compressione. Chi rivive questa esperienza sperimenta l’oppressione senza vedere via d’uscita e fame, infatti durante le contrazioni uterine viene ad interrompersi l’afflusso del sangue, che rappresenta il nutrimento e l’ossigenazione del feto. A questa fase della nascita sono associate sensazioni di angoscia, depressione, colpa. La seconda matrice è archetipalmente collegata a visioni dell’inferno, di campi di sterminio e di prigionia, ai miti di Sisifo e Prometeo ecc, si sperimenta una sensazione di impotenza totale e qualsiasi cosa viene vista nel suo aspetto negativo. La depressione unipolare può avere anche quest’origine.
La terza matrice, la lotta di morte e rinascita, corrisponde allo scorrimento nel canale della nascita che consegue alle contrazioni uterine in seguito alla dilatazione della cervice, anche ad essa è associata una grande quantità di dolore. Il feto, infatti, durante il parto vive un’importante esperienza di compressione attraverso l’apparato riproduttivo femminile. Grandi quantità di energie, aggressività e rabbia vengono accumulate in questa fase senza che possano essere scaricate.
La quarta matrice, l’esperienza di morte e rinascita, è collegata all’ultima fase di questo processo: l’uscita, essa conclude il difficile e doloroso passaggio precedente attraverso il canale del parto, fino all’esplosiva liberazione in cui si viene alla luce. Spesso, quando si rivive la nascita, questo momento è molto realistico e corrisponde, confermando i resoconti, agli interventi ostetrici e ai ricordi materni.
L’effetto terapeutico del rivivere la propria nascita è estremamente importante: la ragione per cui l’intero processo viene denominato morte-rinascita, è dovuto al fatto che essa non è solamente un rivivere il processo originale. Il feto è completamente prigioniero e non ha modo di esprimere emotivamente la grande sofferenza sperimentata: compressione, soffocamento, ansia per il passaggio di stato dall’universo amniotico ad una dimensione sconosciuta. Si formano così grandi serbatoi di energia emotiva, costellazioni di blocchi somatici non hanno opportunità di venire scaricati, risolti e psicologicamente assimilati. Tutto ciò farà parte di una strutturazione psichica e corporea in cui il nostro rapporto con il mondo sarà pesantemente condizionato. Esprimere e lasciare fluire queste emozioni e questi traumi fisici, permette ad essi di perdere la loro forza e in un certo senso di morire. Rivivere questo tipo di esperienza è di grande valore trasformatore.
Le esperienze transpersonali
Nella cartografia di Grof l’esperienza della nascita costituisce l’interfaccia tra le esperienze biografiche e quelle transpersonali. Se già accedere a, o rivivere quelle collegate alla propria nascita è insolito per la nostra mente ordinaria, ancora più altra è la dimensione transpersonale. Questa comprende un ventaglio diversificato di esperienze, che hanno in comune il fatto di uscire da quella dimensione che Alan Watts definì come: “Io incapsulato nella pelle”, cioè dei confini convenzionali dell’organismo, di quelli consueti di tempo e spazio. A queste appartengono esperienze fortemente risanatrici, guaritrici e conoscitive in una modalità lontana dalla percezione abituale del mondo.
Così come attraverso gli stati non ordinari si può ripercorrere a ritroso il percorso dalla coscienza ordinaria attraverso la storia biografica e quella perinatale, è possibile sperimentare regressioni nel tempo storico, avere esperienze filogenetiche, di identificazione con animali, con vegetali, con la materia inanimata, emersione di sequenze mitologiche o archetipi dell’inconscio collettivo o esperienze che Jung definì “psicoidi”. Possono anche emergere memorie di vite precedenti, in rilievo è sempre il loro aspetto direttamente esperienziale e il loro grande potenziale guaritivo.
Nelle forme estreme la coscienza individuale sembra abbracciare la totalità dell’esistenza e identificarsi con la mente universale. L’ultima di tutte le esperienze appare essere il Vuoto, il misterioso vuoto primordiale, il nulla che contiene ogni esistenza in forma germinale. (Grof 1978)
I sistemi di esperienza condensata COEX
I sistemi COEX sono dei raggruppamenti di esperienze avvenute in momenti diversi nella vita di una persona, hanno per comune denominatore una carica emotiva analoga, essi tendono a rafforzarsi e a ripetersi non come frammenti isolati ma a raggrupparsi in strati di memorie, “costellazioni” complesse, emotivamente cariche, permeate da una tematica che le associa e, in una certa misura, ne aumenta l’impatto rappresentando un “asse focale” nella vita di un individuo. I COEX inoltre non sono solo limitati agli accadimenti della storia personale, ma si collegano strettamente alle esperienze perinatali, che ne rappresentano anche la radice e possono essere connessi agli strati transpersonali della psiche, quali inconscio collettivo, memorie filogenetiche e di vite precedenti. Grof classifica due grandi tipologie di COEX, quelle determinate da esperienze problematiche, negative e dolorose e quelle viceversa di tipo positivo. A seconda del periodo della vita di un individuo, o del percorso e processo personale, possono presentarsi aspetti diversi di COEX positivi o negativi, fino a quando il materiale inconscio che li costituisce non è stato adeguatamente elaborato e risolto.
È possibile sperimentare una sincronicità tra gli avvenimenti esterni e il nostro mondo interiore, sia una corrispondenza esterna che risvegli un particolare COEX personale, sia viceversa: ricreare nel mondo esterno temi base personali e viceversa cioè una sorta di duplice relazione tra mondo esterno e COEX.
Un COEX “negativo” può essere anche spiegato come ripetute e successive ritraumatizzationi lungo una linea comune. Ci si avvicina alla concezione di Karma dell’Indo-buddhismo.
Alla luce della teoria e della cartografia di Grof appare evidente che la soluzione di molte problematiche non può fermarsi ad un lavoro limitato alla sola parte biografica della psiche.
Emersione del sintomo e guaritore interiore
La sperimentazione condotta, gli permise di notare a Grof come l’emersione e la piena manifestazione ed espressione dei più disparati sintomi, permettesse risultati terapeutici superiori a quanto lui avesse mai visto in precedenza.
E il loro emergere alla coscienza, tradizionalmente considerato come un segno di malattia mentale, può in realtà rappresentare uno sforzo radicale dell’organismo per liberarsi degli effetti di vari traumi, per agevolare il proprio organismo e guarire se stesso. (Grof 95)
Qualcosa di simile alla concezione omeopatica in cui il sintomo è una manifestazione della guarigione piuttosto che della malattia, il contrario di quanto lui (psichiatra) avesse appreso dalla psichiatria accademica, dove spesso il sintomo (e con esso il processo di autoguarigione) è spesso trattato con farmaci che ne bloccano l’evoluzione.
Per Grof esiste una tendenza naturale in ogni essere umano che conduce alla guarigione psicosomatica. Questo Inner Healer/Guaritore Interiore ha modo di manifestarsi negli stati non ordinari di coscienza, ed è centrale nel pensiero e nella pratica di Grof, nella Respirazione Olotropica come nlla definizione stessa di emergenza spirituale.
Le emergenze spirituali
Coerentemente al principio che il sintomo è spesso un tentativo di autoguarigione, e per distinguere questi processi, a volte intensi, dalle psicosi, in disaccordo con la psichiatria convenzionale, che classifica spesso come psicotiche anche le esperienze mistiche, Stanislav e Christina Grof hanno coniato il termine emergenza spirituale. Questo termine gioca con il doppio significato della parola emergenza, che indica nello stesso tempo crisi ed opportunità/manifestazione. Rappresenta quegli stati spontanei, in cui la coscienza può accedere a materiale inconscio, attraverso i quali si generano esperienze di con un grande potenziale di autoguarigione. A differenza della nostra, altre culture hanno apprezzato le crisi di trasformazione e le hanno ampiamente utilizzate.
“Se adeguatamente comprese e trattate come stadi difficili di un processo evolutivo naturale, le emergenze spirituali possono condurre a una guarigione emotiva e psicosomatica, produrre profondi e positivi cambiamenti nella personalità e risolvere molti problemi esistenziali”. (Grof 1995).
Molte crisi, che chiamiano emergenze spirituali, possono essere spinte nel recinto delle psicopatologie, ma, potrebbero avere altri sviluppi, se adeguatamente accompagnate.
Analogamente a ciò che si può sperimentare nelle esperienze di Respirazione Olotropica, le emergenze spirituali comprendono temi biografici, perinatali o transpersonali. Ma mentre in un’esperienza di Respirazione Olotropica il processo viene gestito, nei casi più intensi di un’emergenza spirituale è , a volte, incontrollato. Il tipo di sostegno che necessita richiede tempi più lunghi, un aiuto, che può essere, anche articolato nelle ventiquattro ore, che sostituisca l’ospedalizzazione e di un luogo o di un centro idoneo, un atteggiamento di chi accompagna analogo a quello che si ha durante i seminari di Respirazione Olotropica, di fiducia e sostegno nel processo, che favorisca la piena espressione del sintomo e il completo scarico emozionale e dei blocchi corporei che si manifestano.
Il SEN Spiritual Emergence Network è un progetto di centri e reti di supporto nel territorio che adottino queste modalità di cura nell’ambito delle crisi di emergenza sottraendole al recinto della psicopatologia.
Per Grof inoltre molti casi di dipendenza possono essere una forma di emergenza spirituale, una tensione spirituale distorta e non riconosciuta, che viene spesso oscurata dalla natura distruttiva ed autodistruttiva del disturbo.
Psicologia transpersonale e cambiamento di paradigma
La psicologia transpersonale, detta anche quarta forza, dopo la psicoanalisi freudiana, il comportamentismo e la psicologia umanistica nasce negli anni ’60 ad opera di Abraham Maslow, Stanislav Grof, Anthony Sutich e James Fadiman. Essa si occupa di ampliare il campo di ricerca tradizionale della psicologia, della psichiatria e della psicoterapia, oltre quelli normalmente considerati dell’io e della persona integrandolo con la sperimentazione di quegli stati di coscienza transbiografici, non ordinari e mistici, continuando il lavoro dei precursori Jung e Assagioli.
Essa si pone inoltre come interlocutore in ambito psicologico rispetto a quegli altri campi di ricerca scientifica che operano nel superamento del paradigma newtoniano cartesiano. La psicologia transpersonale si pone anche come interlocutore nei confronti della spiritualità e delle vie spirituali tradizionali a quel cuore dell’esperienza mistica che Aldous Huxley chiamò Filosofia Perenne.
La Respirazione Olotropica
È il metodo creato da Grof negli anni ’70 dopo l’ondata proibizionista e isterica contro gli psichedelici che impedì di continuarne la ricerca scientifica, psichiatrica e psicoterapeutica. Olotropico deriva dal greco e significa “procedere verso la totalità.” La Respirazione Olotropica prende origine dalle scoperte scientifiche di Grof ed è un metodo contemporaneo per sperimentare in modo protetto stati non ordinari di coscienza e lasciar emergere dimensioni interiori normalmente non accessibili al fine di conoscere e guarire. È un metodo non direttivo di connessione al nostro Guaritore Interiore, energia universale che è in ciascuno di noi. Una sorta d’intelligenza e saggezza del corpo, che si manifesta nell’esperienza olotropica attraverso l’emersione spontanea di ciò che in quella fase possiede la maggiore importanza psicodinamica ed è maggiormente disponibile ad un’elaborazione, facilitando una sorta di autoguarigione.
Qualche cosa di estremamente fondamentale e primordiale nello psichismo umano, qualche cosa che trascende le razze, le culture e i tempi, una sorta di Spirito Primordiale che collega l’uomo alla totalità dell’universo. (S. Grof).
Questa energia di guarigione e di trasformazione era già conosciuta con altri nomi, in numerose culture ancestrali. Tra queste alcune utilizzano il respiro, l’iperventilazione, per indurre stati di trance sciamanici come i San (Bushmen), certe tradizioni siberiane, nel misticismo sufi e nel pranayama. Grof chiama olotropici questi stati di coscienza, che ci permettono di accedere alla conoscenza del nostro essere profondo, al di là dei limiti dell’ego.
La tecnica si rivolge ai differenti livelli di ciascuno di noi, fisico, emozionale spirituale. Copre le dimensioni biografiche, perinatali e transpersonali.
La tecnica è praticata soprattutto in gruppo, coricati su un materasso con gli occhi chiusi si è invitati a concentrarsi su una respirazione profonda e veloce. Musiche evocative accompagnano e sostengono l’esperienza aiutando ad approfondirla. Un body work focalizzato può aggiungersi, ma è uno strumento opzionale. Un elemento supplementare del processo comprende il disegno (mandala). Le sessioni sono precedute e seguite, in un clima di rispetto, da momenti di condivisione verbale che rappresentano un ulteriore strumento di integrazione dell’esperienza.
L’approccio è empatico e non giudicante. Il facilitatore accoglie le esperienze, a volte intense, che le persone possono sperimentare. Il sintomo e la sua manifestazione è qui considerato come una manifestazione del processo di guarigione e non della malattia. Le problematiche psico/somatiche sembrano attingere nei serbatoi profondi delle energie represse e la liberazione di queste energie gioca un ruolo fondamentale nel lavoro olotropico e nel processo di diventare profondamente noi stessi.
Il fatto di portare “il non ordinario” nella nostra cultura e società, ha un valore che sfortunatamente è ancora ben lontano da essere realizzato. Per esempio rispetto alla distinzione tra psicosi ed emergenze spirituali.
Quando riusciremo a realizzare centri di cura per queste ultime, in cui si possa accompagnare l’evoluzione del processo senza sopprimerlo, come una crisi o un momento di trasformazione e passaggio, come avviene in altre culture?
Per fare questo sono necessari psichiatri (e non solo) di mente aperta, che condividano questa impostazione, siano interessati ad ipotesi e a percorsi di questo tipo e siano disposti ad entrare in rete e in collaborazione.
Il lavoro olotropico offre una profonda possibilità di essere o riconnettersi nella corrente della vita, della trasformazione e del cambiamento del nostro modo di essere. È un processo di morte e rinascita e una apertura del cuore. È anche un’avventura nella coscienza che può diventare un autentico processo iniziatico.